Dal banco della pescheria alla tavola: tutti i segreti del pesce fresco

Come possiamo essere sicuri che la spigola che stiamo per acquistare sia appena pescata? Gli indicatori sono tanti. Per il sentire comune l’elemento decisivo è l’occhio: deve essere convesso (bombato), con la cornea trasparente e la pupilla nera e brillante. Secondo Nicola Centrone, esperto del mercato ittico, questo criterio non è, però, così dirimente nello stabilire la bontà e freschezza del pescato. “L’occhio è relativo perché basta che cada un poco di ghiaccio su un occhio poco protetto che si opacizzi o si formino dei coaguli di sangue. – dice – Altri sono i criteri infallibili: il pesce fresco deve essere lucido, con la pelle lucente e ben attaccata alla carne. Questa deve essere soda e turgida. Le branchie (di colore rosso vivo e senza muco) e la cavità addominale devono emanare un buon odore di alghe marine.

Centrone proviene da uno dei paesi di mare più suggestivi della Puglia, Polignano (Ba). Compra e rivende pesce da più di quarant’anni ma è anche un grande appassionato di cucina. Unendo l’orto e il mare è riuscito a dare una cifra distintiva ai suoi piatti, in grado di esaltare a pieno le caratteristiche organolettiche delle singole specie ittiche. Dopo una breve esperienza come chef a domicilio, ora a beneficiare di questa cultura culinaria sono i clienti della sua pescheria a Gioia del Colle (Ba).

Dagli anni Settanta ad oggi Centrone ha visto nascere la moda del pesce, anche attraverso l’evoluzione della sua clientela. Se una volta il pesce era un alimento povero che, soprattutto in Puglia, consentiva, con pochi soldi, di sfamare intere famiglie, ora è, invece, un alimento d’élite.  Molte le ragioni di questo cambiamento. “Il rapporto prezzo-quantità è più che raddoppiato rispetto alla carne ma ci sono dei motivi. – precisa – Innanzitutto l’approvvigionamento diventa sempre più difficile perché la pesca è diminuita tanto ed è stata tanto regolamentata, fino ad arrivare a livelli parossistici di restrizioni. Un tempo il magazzino si riempiva molto facilmente; oggi, invece, bisogna andare in giro e comprare da diverse barche un numero molto limitato di pesci per poter presentare un buon banco al cliente. Un modo per abbattere i costi per il consumatore finale sarebbe quello di seguire le stagioni, ma vedo che le richieste non sono orientate in questo senso. Chi ha visto una ricetta con gli scampi in tv e vuole riproporla è disposto, pur di averli, a comprarli surgelati.”

In sintesi, in un’ottica di sostenibilità ambientale e di risparmio economico, a dicembre dovremmo consumare solo: alice, calamaro, cefalo, dentice, moscardino, nasello, polpo, rombo, sarago, sardina, seppia, sgombro, sogliola, spigola, tonno rosso, triglia e vongole veraci. Da fine agosto a novembre, se ci troviamo in Puglia, potremmo anche comprare a poco prezzo i tonnetti dell’Adriatico da 2-3 chili e farne barattoli sott’olio per l’inverno. Questi sostituirebbero le scatolette del supermercato, più costose e piene di conservanti. Un’importante caratteristica del pesce, infatti, è la sua dimensione salutare: se correttamente processato e cucinato serve a prevenire molte malattie ed è un’importante fonte di sali minerali e acidi grassi insaturi per l’organismo.

La maggior parte dei pesci è magra, mentre quelli considerati grassi non hanno più grasso di quello presente nella carne cosiddetta magra. Tuttavia la presenza di grassi non è facilmente riconoscibile nel pesce, per cui è necessario sapere se ciò che stiamo mangiando lo è. Merluzzo, orata e razza appartengono alla categoria del pesce MAGRISSIMO, avendo meno dell’1% di grasso; sogliola, spigola, palombo, trota e rombo sono pesce MAGRO, con una percentuale di grasso che varia dall’1 al 3%. Il pesce SEMIGRASSO (tonno, acciuga, salmone e pesce spada) ha una percentuale che va dal 3 al 10% di grassi insaturi. Infine, anguilla e sgombro sono considerati pesci GRASSI, avendo più del 10% di Omega-3.

Per ognuna di queste categorie ci sono le modalità di cottura adatte ad esaltarne le caratteristiche, come spiega Nicola Centrone. “Più il pesce è grasso e meno avrà bisogno di condimenti perché metà del condimento è già incorporato. Durante la cottura il grasso tende a sciogliersi e quindi consiglio cottura al vapore, arrosto, al sale. Il grasso, inoltre, rende la carne più morbida e più burrosa e quindi adatta anche ad essere mangiata cruda. Il mercato del tonno in Giappone vuole che la quotazione salga quanto più grassa è la carne. Per questo i tonni vengono tenuti a mettere su grasso nei nostri mari, in Sicilia per esempio, o a Malta.”

La maggiore o minore presenza di grasso non incide, però, sulla digeribilità del pesce. I pesci restano nello stomaco un tempo inferiore a quello della carne (circa 2 ore contro 3-5 ore). Lo scarso contenuto di tessuto connettivo determina un’estrema masticabilità del prodotto ed un più facile attacco da parte dei succhi gastrici. Esperienze di laboratorio con una soluzione pepsino-cloridrica, che simulano l’attacco digestivo, evidenziano che certamente merluzzo, sogliola, spigola, cernia e dentice sono più digeribili rispetto ad anguilla, aringa e sgombro. In generale, però, tutte le specie ittiche sono idonee, per la loro “leggerezza”, a bilanciare anche menù molto impegnativi da un punto di vista proteico o dei carboidrati.

LA RICETTA

SALMONE MARINATO detto SALMONE INCASTONATO  di Nicola Centrone

Mettere a marinare la baffa del salmone privata della pelle e delle spine in 4/5 di zucchero di canna e 1/5 di sale grosso (la quantità dipende dalla grandezza del filetto). Quella minima parte di sale serve a disidratarlo e fargli quindi perdere la parte più acquosa. Al composto di zucchero e sale si possono aggiungere odori tipo i semi di finocchio. Se si dispone di arance/limoni biologici, si possono ricavare dei dischi comprensivi di polpa e buccia che andranno a ricoprire la crosta del filetto.

Lasciare per due-tre giorni il pesce in questa mistura, girandolo e massaggiandolo. Il salmone sarà pronto quando sarà diminuito di volume. A questo punto, potrà essere tagliato a fettine e servito con un’emulsione di vin cotto e zenzero grattugiato (le proporzioni possono variare in base al grado di piccantezza che si vuole ottenere).  Questa preparazione è chiamata “salmone incastonato” perché la salsina  viene fatta cadere nelle scanalature ricavate nella baffa del salmone.

 

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